Il decreto depenalizzazione e l’impedito controllo ai revisori

Il decreto sulla depenalizzazione (Dlgs 8/2016) e gli effetti sull’impedito controllo ai revisori nell’ambito del Dlgs 231/2001

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In base al nuovo decreto 8/2016 sono state modificate sia le disposizioni concernenti il codice penale che le norme contenute in leggi speciali, con l’intento generale di riuscire a deflazionare il sistema penale.

Tramite il decreto legislativo recentemente approvato si prevede:
  1. la depenalizzazione per tutti gli illeciti sanzionati con multa oppure ammenda, eccetto le fattispecie relative a salute e sicurezza sul lavoro, sicurezza pubblica, ambiente e territorio, armi, gioco d’azzardo, elezioni e finanziamento ai partiti;
  2. l’abrogazione di alcuni reati e l’introduzione di illeciti puniti con sanzioni pecuniarie civili.
Tra i principali reati oggetto del decreto di depenalizzazione approvato dal Governo, vi è l’impedito controllo ai revisori (Art.29 D.Lgs.39/2010), la cui ammenda (fino ad un max di 75.000 €) viene tramutata in sanzione amministrativa da 10.000 a 50.000 €.
L’impedito controllo del revisore non solo diventa illecito amministrativo, ma l’importo della sanzione risulta meno gravoso.
La depenalizzazione viene inoltre estesa anche ai reati (puniti con la sola pena pecuniaria) che, nelle ipotesi aggravate, sono puniti con pena detentiva, sola, alternativa o congiunta a quella pecuniaria.

L’impedito controllo nell’ambito del dlgs 231/2001
L’impedito controllo ex art 2625 c.c. (comma 2, nella forma delittuosa) costituisce reato-presupposto della responsabilità dell’ente sin dall’introduzione dei reati societari nel dlgs 231.
Il testo della disposizione prevede la sanzione pecuniaria da 100 a 180 quote.
Tuttavia va ricordato che la legge sulla riforma del risparmio (n. 262/2005) ha disposto il raddoppio del numero di quote previste nell’art 25-ter allora vigente: pertanto le quote previste sono comprese tra 200 e 360.
A decorrere dall’entrata in vigore dell’art 29 del dlgs 39/2010, l’impedito controllo del revisore, espunto dall’art 2625 c.c., non è stato richiamato dal dlgs 231.
Di conseguenza si è fino ad oggi ritenuto (analogamente a quanto sancito espressamente dalle Sezioni Unite per il falso del revisore e a quanto si può argomentare per il falso in prospetto) che l’impedito controllo del revisore non costituisse reato-presupposto della responsabilità 231.
La questione è ora assorbita dalla circostanza che il fatto non è più previsto dalla legge come reato: solo una disposizione ad hoc potrebbe consentire di configurare la responsabilità dell’ente per un illecito amministrativo.